Avevo 14 anni quando vidi per la prima volta una sua foto. In un pomeriggio primaverile, nella mia stanza, mi accingevo a svolgere i compiti per casa di italiano quando, a pagina 97 vidi una foto. Una foto in bianco e nero raffigurante una sfilza di vecchietti messi in riga intenti a leggere il quotidiano di Parigi. Credo che sia stato una sorta di innesco; proprio come quelli delle bombe. Quello che i comuni mortali chiamano colpo di fulmine. La didascalia si riferiva ad un certo fotografo chiamato Henri Cartier Bresson. Corsi al computer e in un attimo scoprii un mondo: non si trattava di tramonti, di paesaggi o di oggetti. Si trattava di persone; persone intente ad aggiustare cocci di una vita ridotta a pezzi dalla guerra o semplicemente a tenersi la mano in un bar con occhi carichi di amore; a parlare, a chiedere, a ridere e a soffrire. 

Mi chiesi immediatamente come facesse una foto ad esprimere le sensazioni degli uomini e soprattutto a farle arrivare cosi' direttamente in un luogo del mio corpo che fino a quel momento non credevo di possedere. Henri Cartier Bresson era un uomo tra gli uomini e ad oggi, non mi vengono altre parole per descriverlo. Un individuo cosi' a suo agio nel mondo, da riuscire a passare inosservato tra milioni di occhi. Una giacca una cravatta e un cappotto. Lui era cosi'. Passava dritto davanti a paesaggi mozzafiato e catturava i poveri e i ricchi senza distinzioni.

Fu in quell'istante che capii che e' questo che la gente ha bisogno di sapere: il fatto che esistano altre persone che provano emozioni. E' un invito a non sentirsi mai troppo unici in fin dei conti. Questo per evitare che l'unicita' degeneri in solitudine. Bresson era un uomo, ma uno di quelli rari nella storia. Mi piace paragonarlo a Leonardo da Vinci, il mio pittore preferito. Entrambi famosi per aver dedicato la loro vita allo studio dei moti dell'animo... .

Continuavo a guardare le sue foto sorridendo insieme ai bambini ritratti e piangendo insieme ai soldati pronti ad andare in guerra.  "Anch'io voglio fotografare" dissi a mia madre.  Scelsi di farlo senza nessuna pretesa. Senza volerlo imitare. Scelsi una delle sue foto e la feci diventare la mia preferita.
 Henri Cartier-Bresson, Brasserie Lipp, 1969 Paris

Ora e' appesa nella mia camera su una parete bianca. Mi piace perche' ci vedo riflessa tutta l'attitudine umana basata sulle apparenze e le minuzie. 
Il nome di Henri passa nella mia testa ogni giorno. Ogni volta che per strada impugno la mia macchina fotografica mi chiedo come diavolo facesse a vedere l'invisibile. A cogliere espressioni fulminee di felicita' o addirittura disgusto. Lui era cosi' ed io, prima o poi, lo incontrero'.


A day 'til Friday